venerdì 4 gennaio 2013

Citazioni proprie:

“Sono un Pensiero che nasce per creare ciò che ritiene reale.”

“Io Sono! Tutta la mia esistenza è lo spazio tra queste due parole, l’io esistenziale che passa allo stato di essere creato.”

“… se corro, mi raggiungo…”

“Se trovo il vuoto in me riesco ad essere ovunque…”




(Edizione stampata in vendita su lulu.com)
 

Conclusione

Mi spiace (forse) deluderti, ma non vi è nessuna “ispirazione” divina in ciò che scrivo, non vi sono extraterrestri che vogliono lanciare il loro messaggio all’umanità, non vi sono moniti per il nostro comportamento che mi vengono suggeriti da esseri angelici o demoniaci… sono solo io che lo dico, e me ne assumo tutta la responsabilità.

Sono una persona qualsiasi, sono un “peccatore” e mi auguro di continuare ad esserlo per molto tempo, sono un Dio che non vuole essere Dio ma che preferisce stare a metà tra la mia divinità perfetta e la mia imperfezione di “Essere” umano.

Ciò non toglie che voglio rendere partecipe “il mondo” di ciò che vedo e ciò che sento, voglio apprendere io stesso dai miei insegnamenti, dalle mie considerazioni, da ciò che vedo e da come lo vedo…

L’Essenza del tutto

Riassumendo possiamo dire che il Sé superiore scaturisce dal Verbo essere, che include anche il “non essere”, quindi la dualità di ciò che è unico, il senso del controsenso, la presenza dell’assenza, ma soprattutto l’Autoghenes stesso del pensiero creativo sia superiore che inferiore.

Come Essenza c’è dunque la luce pura che non ha origine in nessun luogo perché i “luoghi” risiedono in essa, e l’unico modo per prenderne coscienza è quello di avere l’illusione di non farne parte, uscendo quindi dal suo proprio schema Logoico di realtà per cercarla, scoprirla e riconoscerla come se fosse un entità separata.

Questa luce viene spesso anche detta il “fuoco cosmico”, un fuoco che “arde” in tutte le “sfere” della creazione, che arde nello spirito e che È spirito, è il fuoco dello “Spirito Santo” creatore dell’universo a noi manifesto, il fuoco della “Kundalini” che attraversa i Chakra fino ad esplodere nuovamente nel “contatto” con la pura essenza di Sé. È un fuoco che regna nei vari “raggi” planetari, il fuoco che fa ardere il roveto che parla a Mosè.

Troviamo moltissime definizioni di questa luce, di questo fuoco benefico ma anche distruttivo, che cela questa sua potenza proprio per poter continuare ad esistere, che è ovunque ci sia l’’unione tra la Consistenza, l’Essenza e la Presenza. Quindi non un’entità distinta ma semplicemente lo “stato” di tale Presenza dell’Essenza nella Consistenza.

Sentirsi in questo fuoco, provare questa luce all’interno, equivale ad essere la tigre ma con la coscienza “umano-divina” più elevata, è il massimo che possiamo fare, altrimenti nella luce ci perdiamo, nel fuoco diveniamo fuoco, perdendo per sempre le bellezze dell’illusione di questo meraviglioso mondo.

L’Energia

Come già ben sappiamo, ogni cosa è pura energia.

L’energia più pura è quella che il Sé superiore sprigiona al momento che dà il via al suo pensiero creativo, è la così detta “luce abbagliante”. Tale energia viene percepita come “luce abbagliante” proprio per il fatto che non ha un punto preciso da cui scaturisce, è presente ovunque contemporaneamente, anche in ciò che ci appare come “buio”; è propriamente la vera manifestazione del Sé nel compimento della sua azione di Essere.

Mutando l’intensità delle vibrazioni legate a questa energia, la coscienza originale del Sé superiore dà il via al primo “fenomeno” del senso di percezione dei vari colori all’interno della luce stessa. Proprio a causa di questa coscienza che si manifesta “mutata” dall’emotiva fino alla reattiva, diminuisce l’intensità di vibrazione della luce che dà via al “processo” dal quale scaturiscono anche delle relative “forme primordiali”, forme le quali a loro volta producono rifrazioni delle vibrazioni.

Vibrazioni e rifrazioni delle vibrazioni si sommano e si contrastano tra di loro causando vari fenomeni perfetti nel loro schema, quali ad esempio le energie manifeste che, oltre al “condensamento” della materia, danno proprio al Sé inferiore l’illusione del mondo così come lo percepisce.

L’energia manifesta, quella cioè comunemente riconosciuta dal Sé inferiore, si presenta sotto vari aspetti. Alcuni di questi aspetti sono misurabili, sono visibili ai nostri occhi, altri sono udibili con le orecchie, altri ancora percepibili al tatto.

Altre energie – solitamente le più potenti – anche se nella maggior parte dei casi sono misurabili non sono così palesi; basta qui pensare all’energia elettrica o, ancora più incisive, l’energia atomica e l’antimateria, che a sua volta è comunque una forma di energia “in opposizione”.

Di tutte queste energie possiamo sempre solo constatare principalmente gli effetti, ma non ci è possibile “vedere” propriamente le energie come solitamente “vediamo” gli altri elementi”, l’unico modo per sperimentarle diviene proprio quello di “essere” semplicemente energia, “essere la tigre” quindi.

L’uomo come energie

Qualsiasi sia il tipo di analisi che utilizziamo nella scoperta del “nostro corpo”, ci appare in modo più che palese la presenza di energie che gli permettono di “crescere”, aumentare la propria massa o addirittura “disgregarsi”.

Queste energie e la “loro” manifestazione stessa sono proprio legate al processo di creazione che è indicato poc’anzi, quindi in primis ai colori che vengono realizzati a partire dalla “luce” dell’energia primordiale. Sono gli stessi colori che contraddistinguono i Chakra della filosofia orientale, sono i colori che alcuni fortunati vedono come “Aura” e che “spaziano” nel corpo eterico delle “individualizzazioni” con il proprio spettro che ne contraddistingue lo stato di vibrazione in “accordo” e “sintonia” con il Sé superiore oppure con quello inferiore; sono i colori che ammantano le “emozioni” in astrale, sono i colori che riconosciamo anche nell’arcobaleno che si dice rappresenti il “patto” tra “Dio” e l’uomo, quindi una specie di “chiave” dell’esistenza stessa.

A dipendenza dunque della frequenza con cui la pura energia stia vibrando nell’intimo del Sé inferiore, e dipendente dalla concezione che questo Sé ha della propria vera essenza, si possono quindi avere rappresentate le energie più sottili solitamente proprio con i colori più chiari e brillanti, quasi impercettibili, e le energie più grossolane che invece hanno come base il colore rosso, simbolicamente preposto al materiale.

Anche in questo caso, farsene un’immagine simbolica “mentale” renderà meglio l’idea. Per far questo dobbiamo comunque procedere ad un ridimensionamento momentaneo, appiattire queste energie ad un livello unico, di nuovo molto limitato rispetto alle reali dimensioni.

Immaginiamo dunque un arcobaleno. Solitamente questo fenomeno è contraddistinto dai colori principali – vale a dire: rosso, arancio, giallo, verde, blu, viola – e questi colori si fondono tra di loro con le rispettive varie sfumature.

Tra l’ultimo colore ed il primo, cioè esternamente a questo arcobaleno visibile per i colori compresi tra il viola ed il rosso, esiste un’ulteriore “fusione”, relativamente invisibile all’occhio umano, che spazia attraversando il bianco brillante (così brillante da risultare trasparente) per poi riflettere di nuovo tutti gli altri colori in modo “opposto” e più pallido, diciamo pure come in uno specchio “appannato”.

Tale fusione ed il “riflesso appannato”, è praticamente tutto quanto attornia l’arcobaleno stesso, vale a dire tutto lo spazio che si situa tra la sua “fine” ed il suo “inizio”, o almeno la parte che solitamente ne vediamo, ed è quindi “curva” su se stessa in quanto anche questa non ha un “limite” ma torna a ricongiungersi all’arcobaleno stesso a riproporne i colori.

Poniamo anche questa immagine di colori in un ipotetico cerchio che immaginiamo “avvolto” attorno ad un “punto” (che in realtà però scorre più come un filo) di splendente energia che, ad una velocità inconcepibile, vi scorre attraverso in tutte le direzioni e che rappresenta il nostro Sé superiore – quindi più “presente” come “qui e ora” che non in movimento – un po’ come una “ciambella”, l’arcobaleno appunto, e l’aria, che le sta attorno e “all’interno” del buco, che invece rappresenta il Sé.

Per concepire meglio la multimensionalità di questa immagine possiamo immaginare di accerchiare il punto in cui un “vero” arcobaleno sembra si “adagi” sulla superficie terrestre: girando attorno a questo punto l’immagine che ci si presenta è sempre la stessa, contrariamente infatti a qualsiasi “oggetto” che osserviamo da vari lati, la posizione dei colori non muta come se l’arcobaleno stesso “girasse” con il nostro punto d’osservazione, abbiamo sempre: rosso, arancio, giallo, verde, blu, viola.

All’interno dell’immagine dell’ipotetico cerchio che ci siamo creati, la “zona” dove siamo posti – in qualità di energia pensante, dove cioè svolgiamo principalmente la nostra attività cognitiva – è quella caratterizzata dai primi sei colori, praticamente tutto ciò che rientra nell’energia manifesta. Il bianco brillante e gli altri sei colori riflessi invece, anche se a tutti gli effetti sono parte integrante di questo anello, ci appaiono separati, inesistenti, ma in realtà, riflettono il nostro “Io” primordiale, cioè il vero noi, e rientrano in ciò che possiamo definire l’energia non manifesta che comunque ci contraddistingue, ci completa e ci unisce.

La concezione del “qui e ora” del Sé superiore nei confronti di questa “immagine” del cerchio di colori a “ciambella”, non va però interpretata come “unico punto globale” che “avvolge” propriamente tutto il cerchio, bensì come una “multipla presenza”, cioè molti qui e ora “trasparenti”, contemporaneamente a contatto con i molti qui e ora dei “colori”, quindi sia “seguendo” in cerchio la “circonferenza” dell’anello, come anche “procedendo” a “spirale” dall’interno all’esterno; esso si trova in un eterno presente che tocca le (apparenti) varie incarnazioni nella moltitudine dei “loro” livelli di consapevolezza.

Portando il mio Io, il mio Sé inferiore, lontano dai “colori, quindi maggiormente a contatto con la “trasparenza” del Sé supremo – prendendone cioè piena consapevolezza – mi immergo nella sua luce riuscendo ad essere maggiormente cosciente dell’unità con gli altri “Sé inferiori” in quanto usufruisco della trasparenza dell’energia non manifesta.

La Luce

La “luce” come la vediamo nel “nostro” mondo, cioè ad esempio la luce del sole, del fuoco o della lampadina elettrica, è dunque una qualità energetica “pesante”, è quindi più paragonabile alla materia che non alla vera “luce” del Sé superiore, per questo tale luce produce ben altri effetti sulla nostra “realtà”, effetti appunto più di “illusione” che non di realizzazione della verità.

La sua “manifestazione” è causata da piccole zone di “collasso” dell’illusorio che lasciano trasparire alcuni riflessi della luce pura come attraverso dei vetri sporchi. Questi riflessi sono infatti attenuati sempre grazie alle energie in atto in questo mondo e ci possono dare sensazioni di caldo o freddo o servire addirittura come mezzo di “trasporto” per informazioni varie, come lo dimostra per esempio il funzionamento di un telecomando televisivo a infrarossi o gli studi in atto per la telefonia via raggi di luce piuttosto che tramite le onde radio.

Solitamente abbiniamo la luce a fenomeni come il “fuoco” o come “elaborazione dell’energia elettrica all’interno di una lampadina”, dimentichiamo però che vi sono anche fenomeni non prettamente legati a queste elaborazioni, per esempio una lucciola ed altri animali marini sono in grado di produrre un fenomeno luminoso senza che questi provenga dalla combustione o da un generatore elettrico, uno spunto in più proprio per comprendere la “luce” come fenomeno non prettamente fisico legato all’energia elettrica o chimico in seguito alla combustione.

Anche l’energia atomica che usiamo per la produzione di luce elettrica, non è di per se stessa luce, durante un’esplosione nucleare però il “collasso” proprio di una minima particella, oltre alla ben nota “distruzione” che causa alla materia – quindi disgregamento, bruciature eccetera – sprigiona una luce abbagliante molto simile alla luce pura in quanto lo “squarcio” momentaneo causato nell’illusorio ne mette proprio in evidenza un aspetto della sua realtà.

Dunque la luce pura è sia creatrice che distruttrice del mondo illusorio, infatti è con il suo attenuarsi in vari stadi che ci è possibile avere l’illusione del mondo, ed è anche per questo che la sua visione è possibile solo con l’introspezione, quando cioè il nostro Sé inferiore entra nel Sé superiore ponendosi in uno “stato” che non ne subisce l’accecamento in quanto non usa propriamente gli occhi del corpo fisico.

Energie Oggettive ed Aggettive

Vi è una netta distinzione tra le energie oggettive, quelle sinora esaminate, e le energie “Aggettive”, mi si permetta di usare questo termine riferendomi ad energie che riguardano le qualità, che solitamente possiamo paragonare tranquillamente agli usuali e tipici termini grammaticali detti appunto aggettivi.

Gioia, dolore, tristezza, piacere, tutte energie qualitative che non sono prettamente legate alla materia fisica ma comunque realmente vibranti nei livelli chiamati “dell’Astrale” ed in parte anche nell’Eterico.

Non è veramente una sostanza a darci una di queste energie “aggettive”, ma sono semplicemente la qualità dell’Essenza in una determinata Presenza.

La reazione del Sé superiore a queste energie aggettive è comunque il motivo stesso per cui tutto il resto viene posto in “realizzazione”, servono proprio come stimolo per la creazione stessa. Se da un lato le energie “positivamente” caricate di sentimenti puri accrescono la “creatività”, dall’altro quelle opposte stimolano riflessi volti al loro stesso annientamento principalmente già nei livelli più bassi.

Il Cosmo

Nella realtà della percezione di qualsiasi entità esiste, oltre naturalmente ai propri corpi di cui possiamo o meno averne conoscenza, un rapporto molto particolare con tutto ciò che ci circonda.

A partire dall’ambiente in cui viviamo con i suoi paesaggi, naturali o meno, la nostra concezione spazia al pianeta in cui viviamo, poi in seguito allo spazio, agli altri pianeti, le stelle, le galassie eccetera, tutto comunque sottostà ad un determinato piano, ad un ordine particolare, a determinate “leggi” gravitazionali, energetiche, fisiche, chimiche e via dicendo.

Questo nostro ambiente globale, che comprende dunque tutte queste “cose”, segue uno “schema” molto ben definito che, seppur senza l’uso di terminologie scientifiche o astrologiche che ne limitano solo i vari “dettagli”, può venire percepito come “logico” e “normale” da qualsiasi “mente pensante”.

Andiamo comunque insieme a vedere come descriverlo nel modo più semplice. Questa descrizione avviene a tratti secondo le “sacre scritture”, in altri secondo “prove scientifiche”, ma soprattutto da un punto di vista “più ampio”…

Dal Nulla al Caos e al Cosmo

Un oggetto che si sposta nel vuoto assoluto viaggia a velocità infinita, così da coprire istantaneamente tutto lo spazio” (Aristotele).

Anche se Aristotele ha sfornato molte teorie che in seguito sono risultate completamente inesatte, va riconosciuto che analizzando e ragionando su questa specifica asserzione possiamo giungere ad una visione ben particolare del cosmo.

L’interpretazione può essere doppia: “coprire lo spazio” può significare che l’oggetto “percorre” la distanza che “limita” il vuoto assoluto, ma può anche significare che “riempie” il vuoto.

Si tratta ora di entrare in merito all’eventualità che si venga a creare una di queste situazioni (oppure entrambe): nel primo caso ci appare spiegata in modo semplice e lampante l’onnipresenza del Qui e Ora, mentre nel secondo si ha una visione dettagliata del “Big Bang”, dove la materia fino ad un certo momento pressata su se stessa, esplode a riempire uno “spazio” (il vuoto assoluto) dando origine all’universo (quindi nuovamente un Qui e Ora più scientifico).

Ripercorrendo a grosse linee ciò che la scienza o le religioni cercano di presentare come realtà assoluta della “creazione“, vediamo dunque gli elementi principali della “nascita” dell’universo così come lo conosciamo.

Tutto parte dal nulla, che, secondo molti testi è il paradosso dell’Autoghenes, l’Autogenerato che riveste l’inconcepibile Essenza nell’eternità, dove comunque l’eternità rappresenta il limite estremo della nostra comprensione.

Qui siamo già oltre alcune nostre “concezioni”, non si può infatti dire che “all’inizio era il Nulla” e che da lì “Dio” iniziò con la sua creazione, ciò comporterebbe automaticamente qualcosa di esistente al di fuori del nulla.

Anche il Caos può essere immaginato come l’amalgama in un unico punto di tutto ciò che costituisce l’universo prima di ciò che viene definito con il nome di “Big Bang”, la materia dell’universo compressa e racchiusa in uno spazio minimo come la capocchia di uno spillo, come asserito da Einstein. Questa materia è in attesa di trovare la sua sistemazione “definitiva” espandendosi nel nulla, nel “vuoto assoluto” Aristotelico.

Ma anche questa asserzione è comunque paradossale, dato che la “presenza” appunto della materia così compressa non può essere intesa all’interno del ”vuoto assoluto” e neppure esternamente ad esso, in quanto il vuoto non può avere confini… a meno che questa materia che sopraggiunge nel nulla ha origine in un’altra dimensione che a sua volta ha origine in un'altra dimensione, che a sua volta… forse una specie di ping-pong tra universi paralleli attraverso i buchi neri.

In questo “Nulla” comunque avviene il fenomeno del Big Bang scientifico, che la religione definisce come la coscienza Divina, il pensiero di Dio che, in un certo senso, esplode nel Caos portando i vari elementi e le varie energie a formare l’ordine delle cose: il Cosmo appunto.

Il Cosmo è semplicemente l’ordine assunto dalla materia dopo l’esplosione avvenuta nel pensiero dell’Anima Prima che ha “riflesso” se stessa e su se stessa, dando il via ad una immagine consistente del suo pensiero, è definito chiaramente come “l’ordine delle cose” assunto in base a varie reazioni energetiche o chimiche quasi come accade per i comuni fuochi d’artificio che, nel loro espandersi durante questa esplosione, vediamo assumere particolari schemi di “pseudo-immagini” vanescenti con i rispettivi colori.

Se per un attimo quindi dimentichiamo la nostra concezione del tempo, che abitualmente misuriamo in secondi o in millenni, e diamo il via mentalmente a questa creazione espandendola in modo “immediato” nel nostro “pensiero”, la conglobiamo automaticamente in una forma “logica” che contraddistingue proprio la nostra coscienza originale che la sta concependo, non potrebbe essere altrimenti.

Come dicevo in uno dei capitoli precedenti relativamente ai “nostri” corpi, le varie dimensioni non sono propriamente definibili come “contenitrici” o “contenute” una nell’altra, ma non sono neppure situate in posizioni cardinali come il nord, il sud, l’est, l’ovest, il sopra o il sotto, sono tutte praticamente comunque esattamente “il centro”, il “Qui e ora”.

In effetti non avrei bisogno quindi di “andare” propriamente da un punto A ad un punto B per esservi, in quanto ciò comporta crearmi l’illusione che si trovi in un “altro luogo” che non è la mente del Sé supremo che si trova in piena “azione creativa”, ma però è proprio grazie alla sperimentazione di essere in un punto A o in un punto B che mi dà la prova di poter essere contemporaneamente in entrambi, altrimenti ci sarei e basta senza rendermene conto.

Quando dunque riesco ad abbattere determinate concezioni di tempo come il “prima” ed il “poi”, o dello spazio come “qui” e “lì”, della prospettiva come “grande” o “piccolo” e di posizione rispetto a qualcosa come “dentro” o “fuori”, mi è possibile “realizzare”, in modo ben diverso dall’usuale, l’immagine della “realtà”, mi accorgo cioè che ciò che chiamo “realtà” è semplicemente la “realizzazione” dell’immaginazione che mi permette di giocare, di sperimentare e continuare a creare.

L’Osservazione del Cosmo

Anche se il cosmo è unico, e come detto pocanzi è la realizzazione dell’immaginazione, noi lo percepiamo principalmente come microcosmo da un lato, e come macrocosmo dall’altro.

La materia cosmica che lo compone, è la stessa per qualsiasi oggetto in esso “contenuto”, naturalmente dico “contenuto” in modo relativo data la sua natura infinita e le sue molteplici possibilità dimensionali.

Dal più minuscolo punto fino al più grande – sia cioè, che si tratti di un pianeta o di un microrganismo, e sia che assuma uno stato solido, liquido, gassoso, eterico ecc. – tutto è composto della stessa materia cosmica, ma non solo da ciò, come cerco di spiegare al meglio in questa sede.

L’unica differenza tra le varie “cose”, tra gli oggetti, e tra gli esseri presenti nell’universo, si riscontra esclusivamente nella relativa consistenza, nella conformazione che la materia assume grazie ad una determinata energia, e anche attorno a quest’ultima. È, infatti, l’energia ad essere vettrice, oltre ad altre particolarità, dell’Intelligenza Primigenia – così definita da Edison – che permette l’assemblamento delle varie particelle di materia cosmica nel contesto del suo corrispettivo eterico, in modo da dare a tutte le cose una ben determinata dislocazione, una forma precisa ed una consistenza piuttosto che un altra.

Tralasciamo per un attimo, però, di parlare dell’energia, che andremo a trattare nel prossimo capitolo, e cerchiamo di chiarire ulteriormente i fenomeni legati alla materia cosmica che, come ben detto da Einstein, può essere tutta rinchiusa in uno spazio minimo come la capocchia di uno spillo.

Entrare più a fondo nelle spiegazioni che ho citato prima – siano queste fatte in chiave astronomica, scientifica, spirituale, eccetera - al momento potrebbe solo complicarci le cose, cerchiamo dunque di comprenderlo nel modo più semplicistico possibile, sperando di non apparire troppo impreciso o leggero.

Come qualsiasi altra situazione, la via migliore per comprendere alcune cose “invisibili” all’occhio umano, è quella di farsene un’immagine di paragone; immagine che, comunque, non deve assolutamente limitare eccessivamente la “realtà prima” di ciò che si vuole rappresentare a semplice scopo esplicativo.

All’inizio di questo testo ho già premesso che la forma predominante nel nostro “mondo conosciuto” è quella tondeggiante, proviamo ad immaginare dunque il cosmo, ipoteticamente circolare, come un anello. Essendo infatti infinito, non può che richiudere su se stesso la sua spazialità.

Anche se già rende l’idea, in realtà questa rappresentazione ad anello sarebbe in un certo senso inesatta, come inesatta ne è pure la rappresentazione con il simbolo dell’infinito:  ∞ .

Questo simbolo che, oltre ad indicarne la continuità che si ricongiunge su se stessa, sta a simboleggiare anche una particolare forma di scorrimento multidirezionale, rappresentabile non solo a due dimensioni raddoppiando il nostro anello, aprendolo cioè lateralmente in due come viene fatto nel simbolo, bensì anche tridimensionalmente, come chiaramente deducibile dalle varie rappresentazioni della legge dell’attrattore di Lorenz e andando anche oltre ad assumere una forma più sferoide quadridimensionale o anche ultradimensionale.

La rappresentazione del cosmo, infatti, sarebbe più simile ad una sfera senza un limite di circonferenza, ed il cui centro – il nostro essere pensante, che in un certo senso può trovarsi “ovunque” – non è legato ad alcun limite di posizione interna od esterna, non si limita ad essere “contenuto” e neppure ad essere “contenitore”.

La “nostra” posizione è di fatto la condizione che crea la localizzazione del “punto di vista” ed il “momento dell’analisi”, dunque mutevole in continuazione proprio in base a uno di questi fattori, ma non per questo definitiva o decisiva.

Infatti, il centro dell’universo non è un punto fisso localizzabile “geograficamente”, è semplicemente la nostra “essenza” dal quale si inizia a “spaziare”, quindi non prettamente legato ad un punto preciso esterno dal nostro pensiero che, come già detto, non risiede necessariamente in ciò che consideriamo la nostra “mente” o il nostro cervello.

Al momento però, questa immagine potrebbe rendere più difficile la comprensione di quanto sto spiegando in questo ambito in merito al cosmo, è quindi più opportuno non chiarirla ulteriormente e rimandare ciò ad un altro capitolo.

Tornando quindi al semplice anello, in qualsiasi punto noi ci dovessimo trovare su di esso – che più comprensibilmente nel simbolo è il punto di incontro centrale – avremmo l’impressione di esplorare il microcosmo guardando da una parte, e rispettivamente il macrocosmo dall’altra. Essendo però un anello, il nostro macrocosmo ad un certo punto giunge a divenire il nostro microcosmo e viceversa.

Suddividiamo ora questo “anello” in sessanta possibili settori, proprio come i minuti sul quadrante di un orologio.

La parte “materiale” che noi riusciamo a vedere con i più potenti mezzi a nostra disposizione – come ad esempio i telescopi che scrutano lo spazio, o i microscopi che spiano all’interno del più infinitamente piccolo – si riferisce soltanto ai primi tre “minuti” verso il microcosmo, mentre verso il macrocosmo arriviamo fino a sei.

Tale differenza, è dovuta alla densità della materia di cui è composto il nostro cosmo così come lo percepiamo, infatti ci è più facile penetrare nei livelli più sottili dello “spazio” interstellare che non in quelli grossolani della “materia”... anche se in realtà sono la stessa cosa.

Se riuscissimo a vederlo nella sua completezza, cioè tutti e sessanta i settori – siano trenta e trenta per ogni lato o dieci e cinquanta ecc. - avremmo raggiunto il più alto livello di coscienza, la totalità dell’Essere, la pura Essenza. Questa visione è comunque praticamente impossibile in quanto soggiace proprio alla sua dimensione sferica, come sulla terra ci è possibile solo vedere l’orizzonte anche se il suolo terrestre continua oltre tale limite.

Visualizzare oltre questi sessanta settori, vale a dire visualizzarne anche solo una minima parte in più, è praticamente una situazione paradossale, in quanto l’esistenza dell’osservatore verrebbe a sovrapporsi su innumerevoli livelli di coscienza, creando una specie di “collasso” indescrivibile. Non impossibile ma indescrivibile, in quanto subentrerebbe una spaventosa coesistenza simultanea anche in possibili mondi paralleli, i quali dipenderebbero comunque sempre dalla stessa “emanazione” del Sé supremo in una differente espansione del “suo” pensiero.

Probabilmente verremmo quindi catapultati in un altro Universo da dove non ci sarebbe possibile avere nozione alcuna di questo.

Questo “punto” che non può venire superato, è semplicemente quello dal quale viene effettuata l’osservazione effettiva; la “coordinata” dove confluiscono gli altri elementi che influiscono sulla materia cosmica; il punto dove la Presenza dell’Essenza, viene manifestata nella Consistenza.

La Dimensione del Cosmo

Di fatto ora sappiamo che  la “dimensione” del cosmo è semplicemente una cosa soggettiva che dipende esclusivamente da che parte lo si stia osservando, quindi non effettiva e reale.

Come possiamo a questo punto ben comprendere, esso non muta di dimensione. Non può assolutamente farlo poiché non ha, infatti, una dimensione.

La nostra concezione, difficilmente realizza che possiamo giungere al minuscolo passando attraverso il più grande, oppure giungere al più grande passando attraverso il più piccolo.

Se ci rendessimo però conto che il nostro semplice campo visivo piatto, per esempio guardando verso il cielo di notte, si allarga notevolmente in proporzione alla distanza, possiamo giungere alla conclusione che questa “ampiezza” della visione frontale, allontanandosi all’infinito può estendersi orizzontalmente seguendo il ripiegamento circolare che cito già nei capitoli precedenti. Questa volta però il ripiegamento lo immaginiamo sia a destra che a sinistra fino a ricongiungersi a noi … giungendo nuovamente nel punto cosciente del qui e ora dal quale è partito e che definiamo solitamente “centro” o “dentro”.

Ecco che non vi è stata una vera e propria mutazione della dimensione, ma ciò che ha attraversato “l’alto” si ritrova “interno” nel “basso”, per poi proseguire (per modo di dire) in questo suo circolo riproiettandosi “davanti” e “fuori” rispetto al punto di vista dell’osservatore.

Se riusciamo ad immaginare questo “circolo” e riportarlo anche a 360 gradi attorno al punto di osservazione, quindi non solo lateralmente in una “dimensione piatta” bensì “attorno”, ci accorgiamo che l’universo non può avere segreti da nasconderci.

Ciò non solo ridefinisce il termine di dimensione, bensì anche quello della nostra posizione “fisica” nello spazio.

Lo Spazio del Cosmo

Non avendo dimensione quindi, non può neppure avere una posizione definita e limitata in uno spazio; non è qui o là rispetto a qualche cosa di “esterno” ad esso, è semplicemente ovunque ma comunque “qui” nel “presente”.

Questa sua onnipresenza non occupa uno spazio preciso e definito; essa semplicemente è.

Questo suo “Essere”, ai nostri occhi in modo consistente, è semplicemente una manifestazione della presenza dell’essenza.

Essendo ovunque e senza dimensione, ne consegue che non ha neppure limiti di tempo…

Il Tempo nel Cosmo

Non è lontano nel tempo o recente. Non ha infatti tempo in quanto relativo semplicemente al punto dal quale lo si osserva.

Lo sfasamento temporale degli eventi, è solo il frutto degli ostacoli percettivi che vengono a trovarsi tra il loro accadimento e la loro percezione.

Ciò che noi chiamiamo distanza anni luce, in realtà è solo la dimostrazione dell’ineffabilità del tempo: nel caso per esempio della luce di una stella visibile ad occhio nudo, non si tratta solo un “evento” del passato che si manifesta nel presente, bensì anche il presente di questo passato, che viene confrontato con il suo stesso futuro, non si assiste infatti a ciò che potrebbe essere paragonabile ad una “registrazione” dell’evento “luce” su di un nastro, si osserva letteralmente un evento che accade Ora in ciò che chiamiamo “passato”.

Abbiamo anche la possibilità di percepire e misurare infatti diverse “velocità”.

Quella che, ad esempio, noi riteniamo la “velocità della luce”, ha un limite relativo al senso della vista; il suono invece, ha il suo limite nel senso dell’udito.

La materia infine, legata basicamente al senso del tatto, ha diverse velocità vibrazionali che le ultime scoperte definiscono e cercano di convalidare con la “teoria delle stringhe” (tradotto da Strings in inglese che significa “corde”).

In un normale stato di coscienza, noi possiamo percepirne solo alcune di queste velocità in base ai nostri cinque sensi principali; inoltre siamo propensi a pensare alla velocità, come spostamento della materia, dimenticando che anche l’inerzia della stessa, è una diversa velocità.

In questa nostra coscienza più grossolana, dimentichiamo persino che la coscienza stessa, con l’intelligenza e molte altre qualità non prettamente legate al corpo materiale umano, sono energie in movimento che fanno parte dei nostri sensi superiori. Questi sensi superiori, seppur mutevoli non sono misurabili con il nostro usuale termine di velocità, e anch’essi sono ovunque, o meglio, diciamolo pure, sono onnipresenti.

L’Aspetto del Cosmo

Non è né fuori né dentro di noi… è semplicemente “noi”, siamo noi sotto qualsiasi aspetto possiamo immaginarci e sotto qualsiasi sensazione in cui “ci” possiamo identificare.

La consistenza di questo anello cosmico, se così la possiamo chiamare, è data da materia cosmica che varia, dalla più “solida”, situata al suo punto più “centrale” (per modo di dire, viste le considerazioni esposte qui avanti), ed alla più sottile man mano si passa al suo “esterno”; questa consistenza e questo aspetto della materia sono pura immaginazione creativa del Sé supremo, quindi soggiacciono esclusivamente ai suoi determinati parametri espressi al momento della loro “realizzazione”.

L’Io nel Cosmo

Visto che il Cosmo non ha un aspetto definito, non è misurabile con una dimensione effettiva, non occupa uno spazio preciso e non ha limiti di tempo, si tratta ora di definire il rapporto dell’Io nei suoi confronti.

In poche parole l’Io, quell’essenza che qui e ora sta analizzando, si trova al centro del cosmo ma nello stesso tempo lo contiene, come fosse il centro di una sfera ma nel contempo ne fosse pure la circonferenza. Ecco che creata questa correlazione posso solo constatare che se da una parte il cosmo scaturisce dall’Io, dall’altra l’Io scaturisce dal cosmo in una specie di “ciclo continuo”, il ciclo appunto della “creazione”.

Proporre ora la definizione dell’Io come Sé superiore è piuttosto azzardato, va comunque compreso come l’Io è una “espressione” che il Sé superiore utilizza, mutando sufficientemente in modo da sperimentare, in modo apparentemente separato, la creazione che scaturisce dal suo proprio pensiero creativo.

Questo “Io” che analizza, espone queste pagine o le legge, non va inteso propriamente come “Sé superiore”, come “spirito”, o come “Anima”, neppure come “coscienza” – quindi più come una qualità o entità separata dalle altre – bensì deve essere inteso come “immagine a somiglianza” che rappresenta l’unico mezzo che può arrivare a “concepire” il Sé non essendo propriamente lo stesso Sé.

Dunque sia lo spirito, solitamente detto soffio divino o respiro di Dio, sia l’Anima e sia la coscienza nei suoi vari livelli, sono solo dei mezzi per dare l’impressione a questo “Io del corpo fisico” di essere un’entità separata dal tutto, unica possibilità per vedere e “analizzare” in dettaglio la creazione del Sé; …quasi come se, non avendo uno specchio si proietti una propria immagine che ci osservi – pur mantenendo in essa una certa forma di consapevolezza a cui possiamo attingere – in quanto osservando “noi” tale immagine che abbiamo creato, non possiamo avere la certezza che ci rappresenti come veramente siamo e non come crediamo di essere oppure come vorremmo essere.

Come “Io”, o meglio come Sé “inferiore”, posso quindi anche interagire con la “meccanica” dell’immaginario cui il Sé superiore ha dato il via, in modo da completare sempre più nei dettagli, la meraviglia di questa creazione.

Questa interazione tra l’Io della personificazione con la creazione del Sé, è semplicemente “perfetta”, e in linea di massima non procede in “sintonia” ed in “accordo” solo in determinati casi.

Uno sfasamento di questa sintonia si ha quando, per esempio, l’Io si lascia prendere troppo dall’illusione di subire passivamente la propria esistenza e non intravede invece la sua co-responsabilità nel quotidiano. Con questa attitudine automaticamente innesta un meccanismo di creazione proprio di una sua “forma pensiero” degli elementi che “crede” e quindi “si propone” di subire.

A questi livelli non riesce o fatica molto a riconoscere anche gli “elementi” che invece sono a sua disposizione proprio per permettergli di “uscire” da tale situazione, continua dunque ad osservarli come “avvenimenti” e non come “opportunità” per realizzarsi (= rendersi reale).

Questo genere di Io “non in sintonia”, non contribuisce alla creazione del Sé solo apparentemente, infatti riesce comunque a portare degli “elementi” supplementari nell’insieme.

Il suo Essere all’interno del Cosmo è infatti di per se un elemento a tutti gli effetti come qualsiasi “altro”, vale a dire Uno con il tutto, la sola differenza consiste nel non aver “aperto gli occhi” sul suo vero essere qui e ora.

Dunque riassumendo ecco che questo “Io nel cosmo”, qualsiasi “Io” immaginabile, corrisponde esattamente al cosmo, cioè lo osserva come se fosse “esterno” creandosi così un’immagine “interna” che a sua volta “contiene” il cosmo, e infine proietta questa immagine al Sé superiore che ripete il ciclo di “assimilazione” e “realizzazione”, quindi la “continua creazione” del qui e ora.

Il Sé supremo nel Cosmo

Dalla profonda comprensione di questa ultima “immagine” di un “Io nel Cosmo” il concetto del Sé inferiore ritorna al contatto con il Sé supremo, ma non un contatto inteso come fusione, bensì come consapevolezza del meccanismo che contraddistingue il “processo” di Autoghenes, dunque non propriamente l’Autoghenes come entità “fisica” o “energetica” separata, ma proprio come il processo stesso dell’Essenza.

Questa comprensione stimola una maggior apertura verso una più reale concezione di qualsiasi evento possa “manifestarsi” sia a livello “fisico”, riconoscendo quindi l’utilità dell’illusione, e sia a livelli più sottili e reali che a volte appaiono come “lampi” anche nel corpo mentale più “Egoistico”.

Immaginando la mia personificazione come semplice Sé, indipendentemente che questi sia “superiore” o “inferiore”, la mia Esistenza stessa risulta priva di motivazione se non fosse proprio per una “forma” di causa e di effetto rapportata ad elementi esterni.

Ecco la “necessità” di “pensare”, quindi “produrre”, la manifestazione che mi permette di interagire e quindi esistere.

Questo semplice concetto viene applicato indistintamente dal Sé superiore come da quello inferiore, e dato che quello inferiore può essere “multiplo”, il superiore lo moltiplica appunto come continuità di esistenza, senza infatti una creazione non può esistere il creatore come senza creatore non esiste creazione.

In un rapporto tra due o più elementi necessari all’azione chiamata “creazione” sussiste come base la presenza di una forza particolare che solitamente chiamiamo Energia.

I “nostri” Corpi

In questa sede faccio spesso riferimento ad alcuni dei nostri corpi che usiamo per “esistere” come manifestazione divina nel mondo materiale.
Questi nostri corpi si compenetrano e si “contengono” in un certo senso l’uno nell’altro, si circondano e, soprattutto, influiscono su tutto il nostro Essere. È decisamente impossibile dire esattamente se uno sia esterno all’altro o viceversa, infatti, come possiamo vedere più avanti nel capitolo dedicato al Cosmo, la “dimensione” e la “posizione” di tutto ciò che conosciamo, assume valori tali esclusivamente in relazione al punto dal quale vengono osservate; “interno” ed “esterno” sono concezioni legate alla logica di “questo corpo fisico” – quindi illusorio – e quindi non dobbiamo escludere a priori che possono benissimo anche non essere tali.
Che sia infatti il nostro senso della vista a proiettare il mondo che chiamiamo “esterno” – così come veniva ritenuto già nell’antichità – oppure che questi venga creato direttamente a partire dal “pensiero del nostro Sé superiore”, o qualsiasi altra ipotesi vi possiamo costruire sopra, l’unica cosa certa è che è “presente” con forme, colori e “materia” qui e ora nella nostra concezione. È il nostro mondo!
Per evitare comunque confusione su cosa si intende parlando di questi vari corpi, ecco che do una spiegazione molto sintetica di quelli sinora già citati e che entrano direttamente in contatto con i nostri sensi in modo più percepibile.



Il Corpo Mentale
È la “valle dei pensieri” – quindi delle energie più sottili a contatto con il materiale – dove vengono depositate le “memorie” delle nostre esperienze assimilate con la personificazione che stiamo sperimentando.
Qui depositiamo sotto forma di dati anche tutto ciò che apprendiamo, vuoi a livello scolastico e vuoi a livello di crescita personale, e sempre qui le nostre varie coscienze hanno lo spazio per elaborare tali dati grazie all’intelligenza e alla logica.
In questa sede le coscienze inferiori – sempre che la coscienza reattiva e l’Ego del corpo fisico lo permettano – hanno la possibilità di interagire tra di loro elaborando in modo “intelligente” le varie situazioni legate principalmente al mondo fisico, alle sue energie e alle sue reazioni chimiche; essendo però anche questo di vari livelli, dal superiore all’inferiore, qualora adeguatamente esercitato e (per modo di dire) “istruito”, in esso sussiste la possibilità di percepire anche le informazioni della cosiddetta “luce” del Sé superiore, della Coscienza originale.
Il corpo Mentale non è limitato alla zona del cervello fisico, il cervello infatti è solo un organo che, benché complesso finché si voglia, non è propriamente in possesso di una forma di “magazzino” dove contenere le informazioni, bensì con i suoi contatti funge da complesso complemento fisico alla ricezione, elaborazione e alla trasmissione del “razionale”, ecco che quindi la cosiddetta “martellata sul dito” arriva al cervello che ne manda una “forma energetica” alla mente, la quale la ritorna rielaborata a stimolare, ancora dal cervello, un impulso della “sensazione di dolore” nel dito stesso.
Nel corpo mentale trovano spazio i ragionamenti ed anche i pensieri; se i primi fanno uso dell’intelligenza delle coscienze, i secondi sono principalmente il linguaggio dell’Ego dei livelli inferiori, quindi ben lontani da una forma di pensiero che potremmo definire “elevato”.
Nel Sé superiore l’equivalente dei pensieri dell’Ego è pura consapevolezza ed energia creatrice, per questo è comprensibile che anche il pensiero nel corpo mentale possiede – comunque limitatamente rispetto a quella del Sé superiore – la capacità di usare energia creatrice. Infatti il mentale è in grado di dare una “forma” molto grezza ad un pensiero che può svanire nel nulla oppure “vagare” in un certo senso fino ad incontrare una forma simile o anche solo in “sintonia”.
Queste forme pensiero “scaturite” dal mentale potrebbero quindi portare anche all’effettiva “creazione” nel mondo illusorio, di situazioni o “cose”; la loro forza comunque è piuttosto limitata e difficilmente porta ad una effettiva realizzazione dei nostri desideri, che principalmente rivestono fattori materiali “esterni” e quindi soggiacciono principalmente al potere creativo del Sé supremo.
Quando infatti vediamo qualcosa avverarsi di ciò che abbiamo fortemente desiderato, è principalmente proprio grazie al nostro Sé supremo che, perennemente unito al tutto, ha la piena consapevolezza di ciò che ci serve, dunque non esclusivamente grazie al semplice desiderio del nostro Ego separato.
Il Corpo Astrale
Il corpo Astrale è la vibrazione emotiva che viene a crearsi attorno alla Coscienza originale per lo scambio di “dati” attivo tra i corpi fisico ed eterico ed il corpo mentale.
L’azione del corpo fisico è quindi un riflesso dell’impulso che, in Astrale, riceve dal mentale. Qualora però il corpo eterico è “pulito” e non presenta eccessivi “danni” dovuti ad un cattivo uso del fisico, il riflesso nell’Astrale è a sua volta più cristallino simile alla luce del mentale superiore – quindi nettamente di un luminoso “supremo” che percepiamo come trasparente – che non “all’ombra” del fisico (“ombra” in quanto Luce Divina “adombrata”).
Questo riflesso cristallino nell’astrale permette quindi una miglior consapevolezza generale del Sé Superiore.
Solitamente il nostro Essere “si muove” in Astrale in modo inconsapevole alla coscienza “grossolana” del nostro mondo fisico. Principalmente durante il sonno questo “corpo” si “libera” del guscio materiale per “navigare” in mari di emozioni e sensazioni sia propri che altrui, permettendo così al corpo fisico di “riposarsi” e “ricaricarsi” energeticamente.
In questa fase l’unico contatto che rimane “attivo” con il fisico è solitamente descritto dai “Viaggiatori Astrali” come un “Filo d’Argento” che mantiene appunto i “due corpi” ancora uniti.
In realtà si tratta del contatto tra i tre corpi, il fisico, l’astrale ed il mentale, ed il collegamento è l’intreccio dei Chakra superiori eterici che fondono con quelli superiori Astrali, da qui rimangono in connessione con il mentale principalmente attraverso “l’Anima” – che ne gestisce le azioni – ma con alcune influenze anche provenienti dal fisico. Infatti i “desideri”, i “piaceri” e le “necessità” del Corpo Fisico che, amplificati da un “pensiero materiale” scorrono attraverso i Chakra inferiori parallelamente a quelli superiori, purtroppo spesso ne offuscano la reale percezione di consapevolezza superiore.
Anche se i Chakra vengono contraddistinti come sette per ogni corpo, si tratta esclusivamente di un unico punto di congiunzione di differenti energie che si interscambiano caratteristiche specifiche tra i vari livelli, ed il loro “posizionamento” in sette punti diversi del “corpo fisico” dipende esclusivamente dall’illusione stessa di “possedere” realmente tale corpo fisico.
In alcuni casi comunque il nostro Essere si muove in Astrale nello stato di “veglia” ed in modo “semi-cosciente”, vale a dire mentre che il corpo fisico svolge “regolari mansioni” solitamente di una certa levatura spirituale. In questo caso l’Eterico si “espande” sempre più in un contatto semi-cosciente di vibrazione con l’Astrale, mentre il Sé in manifestazione assume piena coscienza e controllo della situazione, quindi la cosiddetta “volontà divina” che agisce quasi direttamente per nostro tramite (dico “quasi direttamente” perché è un’azione possibile solo dipendentemente dalla nostra “concessione” consapevole, per nostra libera scelta e quindi mai possibile senza la nostra supervisione attiva o senza il nostro consenso).
Solitamente la coscienza ed il controllo del proprio “corpo astrale” avviene in modo naturale grazie alla comprensione e realizzazione principalmente della sua “natura” divina, ciò può avvenire in modo spontaneo oppure grazie all’intervento di una “figura esterna” come potrebbe essere la guida del nostro “Maestro”, in questo modo quindi non subiamo più di quel tanto l’influenza delle sensazioni e delle emozioni grossolane che troviamo nell’astrale ma che sono ancora molto legate al materiale e siamo liberi di assorbire e “risvegliare” frammenti di conoscenze “profonde” in modo automatico e “naturale”.
Queste conoscenze vengono quindi “posizionate” – o possiamo dire “accese” come energie – in una parte del mentale prettamente a disposizione dell’Eterico, in modo che non se ne abbia un effettivo ricordo nel mondo fisico, ma che comunque rimangano a completa disposizione del nostro Sé dedito alla ricerca della verità. Da lì fungono da “base” per riuscire a proseguire “oltre” su ciò che viene definito “il sentiero della ricerca spirituale”, con maggior consapevolezza ed in modo più sicuro.
Forse hai già sentito parlare degli “Annali Akasici” – che non vanno interpretati come veri testi scritti e depositati materialmente chissà dove – questi sono appunto le conoscenze profonde acquisite (o forse sarebbe meglio dire “attivate”) principalmente in astrale dove si possono sperimentare particolari stati dell’essere decisamente più vicini alla nostra essenza. Questi Annali costituiscono la sola “storia del mondo” che si possa ritenere sicura. Se ne parla spesso citandoli come “Memoria della natura”, i “Registri Karmici” o “Libro di Lipika”, sono i “piani del grande architetto” che espongono la trama dell’esistenza, ma il loro nome originale più significativo è “registrazioni della luce Astrale”, il che è tutto un dire…
Se, come abbiamo visto, il “viaggiatore” spontaneo o spinto da motivi di vera ricerca interiore, non si preoccupa di mantenere “viva” l’attenzione e la memoria dei suoi “viaggi” e riesce quindi a non sovraccaricare ulteriormente di inutile peso gli altri corpi – infatti spesso le esperienze in astrale possono rispondere a nostre emozioni negative amplificandole anche in modi esagerati – il  “viaggiatore astrale” che stimola e pratica il cosiddetto “viaggio astrale consapevole”, solitamente inizia a svolgere tale attività per curiosità e con una certa “non conoscenza” di ciò cui intende partecipare. In questo caso mantiene a lungo uno stato di consapevolezza legato più al corpo fisico, visualizza e mantiene il suo “corpo astrale” molto più simile a tale corpo “illusorio” e dirige la sua immagine – la sua “controforma astrale” – a piacimento tramite la coscienza più “terrena”, invischiandosi quindi ulteriormente nell’illusione e faticando ancor più a disidentificarsi da essa: un’ulteriore zavorra che impedisce all’elevazione insomma.
Pur se nel frattempo anche questo viaggiatore “riempie le pagine dei suoi annali” senza esserne veramente consapevole, il suo modo di recepire questa dimensione è limitato ai “sensi” del corpo fisico, per esempio continua a “vedere” come solitamente vede attraverso gli occhi fisici e difficilmente si rende conto che non avendo un corpo fisico la sua “vista” è possibile in ogni direzione contemporaneamente.
Vi è infatti una notevole differenza tra la “manifestazione” che viaggia spontaneamente o sotto la guida di un Maestro, e quella che inizia a farlo in modo forzato, tale differenza è data soprattutto dallo scopo, che se da una parte è elevato e spirituale, dall’altro è materiale e più “inferiore”, spinto spesso solo dalla curiosità.
Solo dopo moltissimi viaggi e se non si lascia trarre in inganno da ciò che proietta personalmente dal fisico, il “viaggiatore curioso” riesce a percepire una maggior vastità di “panorami” ed entra nell’essenza delle “forme”, dei “suoni” e dei “colori” riconoscendosi uno con questi.
La zona dell’astrale viene solitamente identificata con il Limbo della religione cristiana, che si riferisce ad un posto transitorio esistente in attesa della “risurrezione del Cristo” o “in Cristo”. Ciò è molto simile alla realtà in quanto si tratta della “zona” di “sospensione” dove in molti casi le “Anime” – o emozioni animate – si trovano bloccate in quanto non ancora “pronte” a proseguire il loro cammino di crescita o di ritorno verso “casa”.
Come già spiegato poc’anzi, queste “Anime” sono sotto l’influenza del Corpo mentale più “materiale” e possono non riconoscere tale possibilità di “resurrezione in Cristo” rimanendo transitoriamente “prigioniere” nell’Astrale continuando a “soffrire” – o forse è meglio dire a “stimolare” le emozioni della sofferenza – anziché tornare con miglior consapevolezza nell’illusorio oppure, a seconda del caso, ricongiungersi definitivamente alla luce.
Nell’astrale definiamo la nostra manifestazione, quindi “noi stessi”, qualitativamente: prevalentemente divini oppure legati all’illusione.
Il Corpo Fisico
Questo corpo è la prima immagine che solitamente ci viene alla mente quando parliamo di “noi” inteso come personificazione o incarnazione, è ciò che vediamo riflesso allo specchio, anche se in realtà è solo la sensazione (anche se sarebbe meglio dire l’illusione) della materia a contatto con l’energia, emanata dal nostro desiderio elementale personale, che ci “crea” questo aspetto in cui solitamente ci identifichiamo.
La costituzione principale del corpo fisico di un’incarnazione è vista come un agglomerato di materia che si presenta sotto varie consistenze, principalmente come liquido, poi, con l’evolversi dei vari mezzi di analisi vengono identificate varie altre sottostrutture come l’atomo che a sua volta è composto da neutroni ecc. ecc.
In poche parole però il corpo fisico è il “veicolo” che il Sé utilizza per interagire “nel” mondo che ha creato con la sua consapevolezza e con il suo “pensiero creativo”. È il mezzo con cui riesce ad avere l’impressione di essere un’entità separata dal tutto (e in questo ci riesce molto bene), ciò non toglie che necessita delle nostre cure e della nostra attenzione, è nostro compito quindi nutrirlo principalmente dall’interno con la nostra “energia” pulita e “dall’esterno” con sostanze pulite e “sane”. Queste cure devono essere effettuate con dedizione proprio come riconoscimento del compito che esso svolge.
Anche se alcuni lo vedono come “causa di peccato” e preferiscono infliggergli supplizi vari proprio con l’intento di estraniarsi da esso, questo “veicolo” è la dimora provvisoria della nostra consapevolezza, è ciò che stimola ad una certa disciplina che ci fortifica nell’essenza e soprattutto è proprio ciò che ci permette di sperimentare totalmente il nostro Essere proprio facendocelo scoprire dopo l’illusione di non “esserlo”.
Durante le varie esperienze che si possono avere nell’astrale e nel mentale spesso ci si “crea” un’immagine simile a questo corpo in quanto la nostra mente fatica a riconoscerci in qualsiasi altra forma. Una volta riconosciuta però la sua “realtà” ci sarà più facile anche sentirlo all’interno della nostra consapevolezza e non solo esternamente, vale a dire che è possibile “contenere” il corpo espandendoci attorno ad esso, anziché sentirci “relegati” al suo interno.
Il Corpo Eterico

È il Corpo che emana l’aspetto del fisico verso gli altri corpi fisici, quello che, in un certo senso, forma una sorta di “campo gravitazionale” attorno alla nostra essenza e mantiene unite le varie particelle di materia che formano il corpo “fisico”, ponendo così un apparente “confine” tra una manifestazione e ciò che la circonda.

Si dice infatti “di aspetto etereo” quando si vuole descrivere una persona che emana “evanescenza” o spiritualità, in effetti in questi esseri la materia che forma il loro corpo fisico non è così “forzatamente” compressa su se stessa, tanto da permettere il “trasparire” di una parte della luce, il riflesso, di ciò che è la nostra parte più divina.

Nell’induismo per esempio si rappresentano le divinità con la carnagione di colore azzurro in quanto questo è il colore che contraddistingue l’etere… quasi una trasparenza del corpo fisico data la loro elevata spiritualità, quindi grazie proprio al loro “non” riconoscersi propriamente nel fisico ma maggiormente nei livelli superiori.

Se da una parte è il più a diretto contatto con il “Corpo Fisico”, da un’altra è quello che dispone delle più alte fonti di ispirazione del nostro divino Sé, è l’Essenza base di tutto il mondo materiale.

Nell’Eterico si muovono anche le Auree, che sono il prodotto dell’interscambio energetico tra i vari corpi. Più un corpo è centrato attorno alla sua pura essenza e più quest’aura emana armonia nella disposizione dei vari colori, si espande anche più “ampiamente” rispetto al fisico quasi a “fondersi” con tutto ciò che la “circonda”.

La Coscienza

L’unico limite che poniamo al nostro agire viene dato dalle nostre coscienze che si idealizzano al momento che ci si incarna nei mondi (cosiddetti) inferiori.

La maggior parte delle volte chiamiamo “coscienza” un nostro comportamento che è prettamente condizionato dalle esperienze presenti a livello mentale, dovuto all’ambiente in cui viviamo e alle convinzioni che formano il nostro carattere; consideriamo “incosciente” infatti chi compie delle azioni senza far uso di ciò che riteniamo un minimo di ragionamento, indipendente o meno dall’esito dell’azione compiuta.

In molti casi il nostro comportamento è dato dal fatto che seguiamo delle leggi, vuoi morali, civili o religiose, che ci fanno commettere determinate azioni solo perché crediamo che ci si aspetti da noi tale reazione, o che ci trattengono dal compierne altre per non incorrere in punizioni, quindi riteniamo questi fatti come frutto di una “nostra coscienza” e non ne vediamo invece un comportamento più legato al pregiudizio che non alla coscienza.

La coscienza più pura è quella che non si lascia condizionare dal pensiero razionale o inconscio, si tratta semplicemente della consapevolezza del nostro essere qui e ora, senza l’interferenza dei falsi preconcetti che i nostri vari livelli di “materializzazione” – soprattutto legati ai corpi fisico e mentale – cercano di farci apparire come l’unica realtà.

La Coscienza originale del Sé

Dal momento che la Coscienza primigenia – quella che, per intenderci, dà il via alla creazione di tutto ciò che è noto e di tutto ciò che non è noto, la nostra Essenza divina – esprime il desiderio di avere l’esperienza della vita e sperimentare in questo modo la dualità del “Sé” e del “Non Sé” (unico suo scopo effettivo), emette una “forma” chiamata “Elementale del Desiderio”, e lo fa in modo che questa “forma” disponga di una certa “corazza” a protezione dal fondersi nuovamente con “il resto” (uso questi termini esclusivamente per ovvi motivi esplicativi e non vanno quindi interpretati letteralmente).

Questo “desiderio” nella sua corazza diviene l’Essenza che contraddistingue ogni essere in ogni regno (minerale, vegetale ecc.); in essa sono contenute ed espresse tutte le informazioni necessarie relative alla sua manifestazione (ad esempio il “Sia fatta luce” che in se esprime praticamente ogni e qualsiasi qualità di questo “elemento”) ed esercita quindi una forza di attrazione dei vari tipi di “materia” che gli sono necessari per la sua manifestazione a livello illusorio nel mondo fisico.

Per l’uomo, l’Essenza si assume il compito innanzitutto di circondarsi dei vari corpi – materiale, astrale, mentale, eterico eccetera, tanto per citare i più noti – in modo da dare proprio la sensazione di un’entità staccata dalle altre e permettere alla coscienza primigenia di “vivere” l’esperienza di quella materializzazione.

In ognuno di questi vari corpi il Sé si separa e forma un Ego che inizia ad agire separatamente, quasi autonomamente e mantenendo solo un sottile contatto con ciò che è realmente.

Soprattutto nell’Ego del corpo mentale vengono assimilate e memorizzate le esperienze, le nozioni apprese eccetera, che lo spingono ad assumere comportamenti in sintonia ed in accordo con queste ed a influenzare di conseguenza in modo incisivo gli altri corpi in base proprio a queste “pseudo-realtà”.

Una materializzazione, qualsiasi forma esprima, rimane comunque sempre collegata alla sua fonte, o meglio È ancora una delle rappresentazioni della sua fonte in quanto ne contiene, seppure in modo inconsapevole, la sua più pura realtà. La sua presenza “individuale” nei vari mondi è l’unico modo a disposizione sia per “vivere” un’esperienza in “prima persona” come “personalità”, e sia per fungere da complemento ad un’altra esperienza.

Tutta l’esperienza che viene percepita dall’Essenza materializzata avviene in modo spontaneo, non segue assolutamente una “tabella di marcia” o un “programma” a priori già prestabiliti in partenza, semplicemente “accade”, non è quindi un destino immutabile già scritto, bensì creato e modificato in ogni istante grazie alle nostre scelte nel Qui e nell’Ora.

Per rendere meglio questa idea posso dire che se voglio godermi un viaggio in treno non mi basta la materializzazione del mio corpo fisico umano, ho bisogno anche di materializzarmi come “treno”, come “linea ferroviaria”, nei “paesaggi” e in tutto ciò che connette tra di loro queste materializzazioni, oltre naturalmente anche alle energie oggettive e aggettive (spiegate in un capitolo a se) che lo rendono possibile.

Se io mi preoccupo di definire esattamente come sarà la stoffa che ricopre il mio sedile, quali paesaggi voglio ammirare, quante mucche ci saranno al pascolo e ogni minimo dettaglio, perderei completamente lo scopo di compiere tale viaggio, lo “conoscerei” già perfettamente a memoria, quindi decisamente è meglio lasciarsi “sorprendere” dall’ignoto, sia positivamente come pure “negativamente” qualora il viaggio fosse veramente un “inferno”.

Il vero “neo” della manifestazione in questo mondo, consiste “purtroppo” proprio nell’azione di “uscire” dal mondo reale ed essere immersi nei vari corpi “grossolani” a sperimentare nella grande illusione ciò che la nostra vera Essenza non potrebbe sperimentare altrimenti, quindi la perdita del contatto con il nostro vero essere.

Dal momento che ritroviamo però il contatto con la consapevolezza – vale a dire l’idea di identificazione con il Sé più elevato, con il nostro Io Divino – riusciamo a svincolarci dai vari Ego “apparentemente” separati nei corpi, e che ci rendono in un certo senso prigionieri, disidentificandoci proprio da questi corpi ed assumendone il comando. Da lì in poi “esaliamo” ed “emaniamo” i nostri poteri anziché “subire” passivamente le influenze, spesso drammatiche e dolorose, del mondo irreale.

A questo punto questi corpi non sono più in balìa della grande illusione e svolgono al meglio il compito per cui il Sé ha scelto di crearli incarnandosi. In quanto “vivificati” dall’interno e irradianti il proprio senso di “Unità” con tutto ciò che li circonda, non troveranno più alcun ostacolo alla gioia ed al benessere.

Sotto il “comando” del Sé superiore riescono a contribuire al risveglio di altre Essenze che li appoggiano nel loro lavoro, vale a dire principalmente continuare con la creazione di un universo colmo di perfezione, che permette l’assimilazione consapevole di tale esperienza alla coscienza primigenia.

Questa situazione rappresenta l’illuminazione spirituale, e più questa è profonda e continua, più l’Essenza assimila e distribuisce esperienza a favore di altre incarnazioni, è lo stato che i Maestri raggiungono per poterci accompagnare lungo questo “sentiero” di ricerca, facendoci comprendere di “essere” il sentiero stesso piuttosto che la “meta”.

Naturalmente non tutte le manifestazioni sono disposte a concedere ad un’altra manifestazione – seppur illuminata – l’accesso alla propria coscienza e alla propria qualità di Essenza, infatti il mondo illusorio esercita, nei modi più svariati, una forza sui vari corpi in modo da rendere molto problematico il “risveglio” della coscienza nell’individuo.

Il compito più difficile è infatti quello di riuscire ad aiutare il risveglio del Sé più elevato anche nelle altre manifestazioni, in modo che la potenza dell’“Essere divino” sia maggiormente funzionale e semplifichi di gran lunga l’intento della Coscienza primigenia. Ciò che appare logico e illuminante a qualcuno, a qualcun altro appare senza senso se non addirittura pericoloso.

Nella maggior parte dei casi, l’illusione che permea ed influisce sugli Ego delle altre manifestazioni è imprigionata da “pseudo-coscienze” che riconoscono la coscienza originale come qualcosa di completamente separata dal proprio essere, una entità molto lontana dal proprio “Io”, un’entità superiore alla propria, nettamente separata dalla propria Essenza, quindi non sperimentabile in prima persona.

In altri casi l’essere umano “animalesco”, non perché simile ad un animale ma semplicemente per la mancanza di una consapevolezza della sua “divinità”, invece non riesce neppure ad immaginare una Coscienza superiore, continua a subire la sua “personificazione” nella sua incarnazione senza neppure porsi la benché minima domanda sul “perché” si trova in questa situazione o sul “chi sia veramente”, egli non si pone neppure il problema di analizzare cosa succeda quando “pensa” o quando compie le sue azioni quotidiane in modo automatico.

Ciò non significa che il comportamento di queste due tipologie di materializzazioni sia sbagliato oppure comporti delle “punizioni” in altri ambiti, l’unico punto negativo è che questi stati dell’essere solitamente portano con sé la convinzione di “soffrire” – vuoi dolori, vuoi l’influenza degli altri esseri o qualsiasi altro tipo di sofferenza fisica, mentale o animica – e l’ostacolo principale alla loro “guarigione” viene proprio stabilito da questo atteggiamento di riconoscere solo il “non essere ciò che in realtà sono” chiudendo così purtroppo gli occhi sulla realtà assoluta.

Al momento che queste Essenze si trovano libere dal corpo “fisico” e quindi sul punto di ricongiungersi con “la Grande Anima”, lottano ancora come fossero ancora nel corpo fisico, oppure si bloccano in uno stato intermedio perché provano paura di non trovare ciò che si aspettano di trovare oltre tale “soglia”, non si rendono conto di non essere realmente mai state separate da quello stato divino in attesa oltre quel “limite”, di essersi – per così dire – solo momentaneamente assopite nel comodo tepore dell’illusione dei corpi.

Il fatto di avere o meno un certo contatto con la divinità della nostra Essenza, non ci rende né migliori né peggiori degli altri, ciò ci dà solamente un diverso livello di consapevolezza. Sia l’illuminato che l’essere “animalesco” sono esattamente la stessa cosa, sono l’Unico Essere, il Sé superiore, sono la Grande Anima, o Dio, in qualsiasi modo lo si voglia chiamare.

Infatti “entrando” per esempio come essenza in una manifestazione che non è quella che al momento sta scrivendo o leggendo, io ne assumo appieno le caratteristiche, le qualità, la sua memoria ed il suo “punto di vista”; nulla mi può quindi dare l’impressione di trovarmi in un corpo diverso, o di avere dei pensieri che non sono i miei, quindi “perdo” il contatto con il mio Sé che in questo momento sta scrivendo o leggendo e divento il Sé di quell’essere; ma ciò non toglie che sono sempre Uno con la Grande Anima, e ciò è l’unica verità che conta.

È praticamente anche ciò che realmente accade contemporaneamente in tutte le manifestazioni, lo stesso Sé superiore che osserva dalle finestre di altri Ego, ora in un modo e ora in un altro.

Basta un “profumo”, un “suono” o una “nota” che riesca a far breccia nelle varie corazze di qualsiasi manifestazione, ed ecco che però “il ricordo” della propria divinità può risvegliarsi in qualsiasi essere. Vale quindi la pena non fermarsi esclusivamente alla prima fonte che ci disseta tornando esclusivamente a questa in cui crediamo di aver trovato il vero nutrimento del nostro “Io”, meglio dunque cercare di godere di tutte le fonti che troviamo disponibili nella nostra esistenza senza giudicarle e senza condannarle.

Nel momento in cui il nostro Sé divino prende effettivamente contatto con i nostri vari Ego, ci rendiamo conto che ogni cosa assume un aspetto ben diverso, che “entra” a far parte della nostra Essenza pur mantenendo le sue caratteristiche “individuali”.

I nostri occhi non sono ciò che ci permette veramente di “vedere”, bensì è la vista, e la vista è un “senso”, non ha bisogno necessariamente di organi materiali. Quando il nostro Sé si fonde con i vari “sensi” nei vari corpi, allora possiamo sperimentare la “vista” nella sua più splendida realizzazione.

La Coscienza emotiva

Così come l’aria che conosciamo ha vari livelli di densità, anche la Coscienza si presenta con diverse caratteristiche in base “all’altezza” in cui essa si trova.

La più vicina alla Coscienza Originale è quella emotiva che funge come da “proiettore” o da “schermo” della “bellezza del nostro Sé divino” nei nostri sensi, con la speranza che le “immagini” vi giungano nella loro purezza e vengano comprese in modo da stimolare il desiderio di ricongiunzione con la “Divinità”.

Questa Coscienza opera principalmente nel livello chiamato Astrale, anche questo comunque suddivisibile in vari “livelli”, dove instaura una forma di collegamento al Mentale che agisce così sui Corpi Eterico e Fisico.

Come è comprensibile, questa zona Astrale è quella che “anima” il mondo fisico, quindi è anche la sede dell’Anima. NB che “astrarre” in italiano significa operare mentalmente per trarre concetti generali o particolari, quindi l’Anima “astrae” letteralmente un concetto e lo materializza in un’azione che viene così “riflessa” nel Corpo Fisico.

Esattamente come un prisma di cristallo agisce su di un raggio di luce creando dei riflessi dai colori dell’arcobaleno, questa coscienza agisce su quella Originale suddividendola, a seconda dell’angolazione delle nostre “vibrazioni Astrali”, e mandandola sotto forma di “raggi” nel Fisico e nell’Eterico dando il via alle varie ispirazioni ed emozioni comprese le espressioni “artistiche”, “estetiche” eccetera; ecco che quindi proviamo per esempio dei brividi a “fior di pelle” per il piacere – quindi la vibrazione dell’astrale che dirige i riflessi “lucenti” verso tutto l’Essere che ci circonda – mentre all’opposto i riflessi cupi che causano una contrazione della materia verso l’interno per i “dispiaceri” che, così facendo, spingono l’Astrale ad incupirsi ed invischiarsi maggiormente con il Corpo Fisico.

Si tratta comunque di una coscienza che in Astrale influisce anche sulle coscienze emotive di altre incarnazioni, quindi ci permette di stimolare la collaborazione tra le varie personificazioni del Sé divino.

Se da una parte però il suo scopo è prettamente quello di permettere alla luce di raggiungere “il cuore” delle incarnazioni, da un'altra parte viene purtroppo anche manipolata da alcuni corpi mentali inferiori – quindi i più invischiati nel materiale – con lo scopo di condizionare e stimolare reazioni ad esclusivo vantaggio di un singolo “individuo” a puro scopo egoistico.

Il controllo consapevole delle emozioni quindi, sia spiacevoli che piacevoli, è molto importante in modo da gestirne lo scambio vibrazionale bidirezionale sul livello più elevato del nostro Sé, vale a dire permettere un flusso generale esclusivo alle emozioni costruttive rimanendo comunque sul “chi va là” per evitare la trasmissione, la ricezione o il passaggio di “elementi” inquinanti e di disturbo.

Cerco di spiegarmi meglio: se per esempio permetto di affiorare un’emozione di disappunto per una guerra in atto, la mia coscienza emotiva automaticamente mette in circolo un elemento del tipo distruttivo; in un altro caso potrei emettere un elemento distruttivo di compassione in merito alla sofferenza di un’incarnazione a me vicina, in un'altra situazione ancora potrei permettere all’emozione distruttiva rappresentante del malessere, appartenente a qualcun altro, di attraversarmi e anche in questo caso entrare in circolo.

Permettendo dunque a questa coscienza di ricevere prettamente le emozioni che giungono dalla “luce” del Sé divino – quindi la consapevolezza di essere solo una “qualità” e non un’identità a sé stante – dò la possibilità al “nucleo” principale di questa “qualità” di esprimere ed emanare esclusivamente amore e perfezione.

Ecco che quindi in questo modo non rimando in circolo “disappunto per la guerra” bensì “amore per la pace”; non “compassione per la sofferenza” – quindi una certa forma di “impotenza” a risolvere il problema – bensì una certezza di poter intervenire con l’intento d’amore tramite “lo Spirito divino”, non dò quindi neppure la possibilità alle emozioni altrui di attraversarmi e passare oltre ma, per così dire, le assorbo illuminandole e purificandole per riporle “nelle mani” del mio Sé divino oppure, qualora dovessero essere così forti da “ferirmi”, bloccherei semplicemente il loro flusso in modo che non mi feriscano ulteriormente; in questo caso non si tratta comunque di insensibilità, di egoismo o menefreghismo, ma semplicemente di autodifesa e purificazione.

Stabilire però quali siano veramente le emozioni che disturbano il buon flusso energetico tra le varie coscienze emotive, non è cosa facile: infatti alcune emozioni apparentemente “positive” implicano invece lo stimolo ad azioni contrarie ai nostri scopi e viceversa, per questo motivo dunque le “depositiamo ai piedi del nostro Sé superiore” affinché sia questi a decidere in merito, vale a dire evitiamo di pensarci direttamente e lasciamo che sia una certa forma di “subconscio elevato” ad elaborare una reazione “automatica” in merito.



La Coscienza istintiva

La coscienza istintiva agisce prevalentemente da comunicazione con il livello del corpo mentale inferiore più vicino al superiore – ma comunque ancora maggiormente legato all’illusione del mondo fisico – e si tratta più semplicemente di quella parte cioè che chiamiamo solitamente subconscio.

Ogni e qualsiasi esperienza che viviamo o subiamo a livello fisico, comporta automaticamente una memorizzazione in questo stato di coscienza ed agisce in modo drastico sul nostro comportamento. In una situazione di pericolo, istintivamente agiamo di conseguenza perché abbiamo nel subconscio un campanello che ci avvisa su ciò che sta accadendo.

In questa coscienza comunque sono anche “programmate” delle “reazioni” in un certo senso innate e funzionali già dal momento dell’incarnazione dell’essere, si tratta in un certo senso di “ricordi” della consapevolezza della coscienza originale che connette il mentale superiore con il mentale inferiore.

Ecco che alcuni gesti o azioni che spesso compiamo “istintivamente”, senza che ce ne rendiamo conto, ci sono invece utili per “innescare” o “spegnere” determinati flussi energetici all’interno di ciò che visualizziamo come corpo fisico.

Pensiamo per esempio ad una situazione di improvvisa forte emotività “positiva” (nel senso di piacevole); in questo caso spesso ci troviamo a portare al petto la mano, zona in cui risiedono appunto il “plesso solare” ed il “chakra del cuore” che sono due centri importanti per la gestione dell’emotività.

Prendiamo ancora un altro esempio, dove ci rendiamo conto di aver commesso un errore, o una dimenticanza che porta ad una situazione più o meno spiacevole: in questo caso portiamo automaticamente la mano sulla fronte, toccando con le dita proprio le prominenze della zona frontale dove sono situati i punti di contatto neuro vascolari (PNV) usati nella medicina cinese e nella kinesiologia per dare un certo riequilibrio emotivo mentale utile per superare o giungere alla soluzione di un problema.

Potrei continuare con moltissimi di questi esempi, come afferrarsi il mento quando si cerca di ricordare qualcosa (punto terminale del meridiano Vaso Concezione), toccare o massaggiarsi leggermente con la punta delle dita tra la base del naso ed il labbro superiore quando cerchiamo di esprimere un concetto (Vaso Governatore, sempre della medicina cinese)... gli esempi insomma, sono veramente così tanti che non possiamo negare un nesso tra queste semplici azioni “automatiche” ed i punti stabiliti quali centri delle energie chiamate in causa nelle specifiche situazioni.

Se non abbiamo mai avuto a che fare con le teorie dell’antica medicina cinese, possiamo spiegare queste reazioni solo grazie alla coscienza istintiva più elevata, che dispone comunque di una determinata memoria appunto dei vari punti che il Sé utilizza per “creare” l’illusione del corpo fisico.

Non ci sarebbe infatti in questi casi possibile avvalerci della coscienza emotiva in quanto non facilmente raggiungibile dall’azione meccanica diretta, ecco che dunque viene usata quella istintiva più adatta all’espletamento del rimedio.

Voglio precisare che anche alcune delle pratiche tramandateci dalle religioni nel corso dei tempi, raccolgono in se delle definizioni e delle pratiche che utilizzano proprio gli stessi centri energetici ampiamente descritti e trattati con questo tipo di medicina.

Accenno ad esempio all’importanza data anche nella bibbia, e praticata anche dal Santo Padre in precise cerimonie, al lavaggio dei piedi, zona in cui si trovano sparsi molti punti, usati molto anche in riflessologia, di “inizio” o “fine” di questi “meridiani” energetici.

Oppure anche il segno della croce, che originariamente veniva fatto solo sul viso, che tocca proprio dei punti usati nelle più recenti tecniche di EFT (Emotional Freedom Tecnique) e che, inutile dirlo, sono sempre punti specifici di transito delle energie cosiddette “positive” e “negative” – non nel senso di cattive, per intenderci – che conosciamo come energie Yin e Yang.

È anche principalmente nella coscienza istintiva che si producono i fenomeni di “ipnosi”. La tecnica dell’ipnosi consiste infatti di un minimo intervento sulla coscienza emotiva in modo da predisporre l’emotività di un soggetto a non interferire sulle reazioni istintive, in seguito l’ipnotizzatore riesce a creare la sensazione di naturalezza ed istintività in un’azione che non è tale e che non sarebbe neppure tipica del soggetto. Nella maggior parte dei casi infatti, l’ipnotizzato non ha coscienza effettiva sulle reazioni “istintive” che gli sono state suggerite; le sue coscienze – compresa anche quella reattiva che viene trattata di seguito – vengono poste in uno stato di apparente “sospensione” relativamente alla coscienza del Sé, la quale non intravede comunque pericolo alcuno in ciò che si sta producendo a livello fisico.



La Coscienza reattiva
Questa coscienza presenta già moltissime “incrostazioni” delle influenze illusorie del materiale e non tiene consapevolmente conto dei corpi più sottili dell’incarnazione – come l’eterico, l’astrale o il mentale – ma riconosce solo l’esistenza fisica senza considerarne la vera causa.

Gli unici interessi della coscienza reattiva sono il nutrirsi, il riposo e, non da meno, i piaceri fisici.

La coscienza reattiva quindi è come priva di “energia costruttiva” ed è per questo molto simile nell’uomo come nell’animale, nel vegetale e – qui posso solo supporlo – ancora più limitata anche nel minerale.